Non esistono disabili o diversi. Esistono persone con diversità o disabilità. La differenza è sostanziale. Tutte le persone hanno competenze, talenti e capacità relazionali. E tra loro ci sono persone che hanno anche una diversità o una disabilità, come persone che non ne hanno. La diversità o la disabilità non qualificano la persona, non determinano la sua identità, sono elementi che la caratterizzano, come la simpatia, l’altezza, o qualsiasi sfumatura che renda una persona unica. I primi a doversene convincere sono proprio i diversi o i disabili. Perché se vogliamo essere visti e trattati come lavoratori e non come categorie protette devono convincersi che, nei limiti della loro disabilità, devono dare tutto quello che hanno all’azienda, proprio come i loro colleghi. Non è un percorso facile ma è l’unico che le persone con disabilità possono gestire direttamente.

Questa è la chiave perché l’azienda tratti e gestisca i disabili come dei lavoratori non diversi, anch’essa nei limiti delle loro disabilità o differenze. Questa è la chiave perché le aziende pongano l’attenzione alle loro competenze, alla loro professionalità e alle loro capacità relazionali. Infatti, pensare che siamo disabili vuol dire porre il limite dentro di noi. Affrontarlo diventa un’impresa a volte titanica. Pensare di avere una disabilità vuol dire porre limite all’esterno. E gestirlo diventa più agevole.

L’inclusione è una partita che aziende e disabili devono giocare stando nella stessa squadra: l’impresa.