Pubblicato nel mese di Giugno 2014 su “iN Magazine”

(Dopo le immagini puoi leggere la trascrizione dell’articolo)

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Mentre mi avvicinavo a Siracusa, una cifra mi martellava i pensieri: 64 miliardi di euro. L’importo che l’Italia avrebbe dovuto spendere nei successivi 30 anni per adeguare il servizio idrico integrato. Una cifra enorme da investire per riparare le condotte ridotte a colabrodo e costruire i depuratori latitanti. Il Sud del paese ridotto peggio del Nord. La Sicilia fanalino di coda. Siracusa mi sembrava un concentrato di contraddizioni. Il nome, derivato dal siculo Syraka, significa abbondanza d’acqua. E oltre il 50% dell’acqua veniva dispersa prima di arrivare ai rubinetti. C’erano comuni con 3 depuratori, come a Noto. Comuni senza impianti, come Avola. Comuni con depuratori che sversavano nei campi, come Melilli. La morosità degli utenti altissima. Gestire il servizio idrico in Italia non è semplice. Era il mese di marzo del 2010. Entravo per la prima volta nella sede di SAI8, con questo bagaglio di nozioni e un luogo comune: il siciliano è uno scansafatiche. Il mio incarico: studiare un campagna di comunicazione per indurre i siracusani a pagare le bollette.

Raccontare oggi l’esperienza della gestione partecipativa del servizio idrico integrato a Siracusa è un dovere. Soprattutto per la drammatica situazione in cui versa SAI8 e dopo aver letto l’appello del commissario dell’ATO idrico Mario Ortello, affinché per risolverla occorre la disponibilità e la leale collaborazione di tutte le parti in causa. È già successo una volta.

È andata così. In poco tempo abbiamo preso coscienza che i siciliani, almeno quelli di SAI8, avevano voglia di lavorare. E molti ci mettevano anche passione. Abbiamo scoperto uno scenario più complesso rispetto alle aspettative. Tra SAI8 e il territorio si era instaurato un conflitto cronico. Il forum per l’acqua pubblica di Siracusa era molto vivace e stava conducendo una campagna contro il gestore che si faceva più aggressiva all’avvicinarsi del referendum. Le associazioni ambientaliste criticavano per l’impatto ambientale e la bassa qualità dell’acqua in alcuni distretti della provincia. Alcuni comuni, dopo aver sottoscritto l’affidamento degli impianti a SAI8 erano tornati sulla loro decisione. Ogni giorno la stampa locale pubblicava un articolo contro il gestore. E ciò che si leggeva sui mezzi di informazione era solo la punta dell’iceberg, il sintomo di una tensione più profonda.

Intanto l’azienda, mentre correva in ogni angolo della provincia letteralmente a “tappare i buchi”, rispondeva agli attacchi a sua volta attraverso i giornali. La comunicazione era difensiva nonostante i messaggi sottolineassero le virtù di SAI8 e la qualità degli interventi. Lo scenario era quanto di più sfavorevole ci potesse essere per avviare una campagna di sensibilizzazione degli utenti sul pagamento delle bollette.

L’analisi fu immediata. Il conflitto tra azienda e territorio era diventato cronico per la mancanza di dialogo. Era evidente che le associazioni di rappresentanza fossero condizionate anche dal fatto di ignorare la complessità della gestione del servizio idrico integrato, lo stato di realtà dell’infrastruttura e il ruolo della burocrazia regionale nel determinare la velocità degli stanziamenti delle risorse economiche previste dal piano d’ambito. In questo contesto, celebrare SAI8 in un ambiente in cui il servizio idrico era oggettivamente carente provocava l’effetto contrario alimentando la tensione.

Il cambiamento di rotta fu immediato. Dialogare con il territorio. Informare gli Stakeholder della complessità della gestione del servizio idrico integrato. Ammettere i difetti dell’azienda. Promettere solo ciò che si poteva mantenere. Mantenere ciò che si prometteva. Non manipolare il dialogo con il territorio, le associazioni e le istituzioni. La strategia non nacque a tavolino, ma dall’accumularsi di intuizioni, sensazioni e dalla capacità di cogliere i segnali “subliminali” che venivano inviati a SAI8. Informai i soci del gestore della necessità della nuova strategia e che i risultati sarebbero arrivati con il tempo. E, soprattutto, che il percorso sarebbe stato impervio. Avremmo fatto passi avanti, sapendo che ci sarebbero stati anche passi indietro. Se eravamo convinti della strategia avremmo dovuto tenere duro anche nei momenti più difficili. Essere ostinati fino, apparentemente, all’autolesionismo. I soci del gestore approvarono la proposta. Nasceva la fase del dialogo.

Ascoltare era il nostro compito principale. E ascoltando imparammo con non poca sorpresa che il territorio voleva dialogare, conoscere l’azienda meglio. Dialogando apertamente, con trasparenza, lealmente e, in alcuni momenti, con durezza cominciammo a conoscerci prima e a fidarci reciprocamente poi. Dialogando scoprimmo che avevamo obiettivi comuni. E, soprattutto, che potevamo lavorare insieme per raggiungerli. Migliorare il servizio idrico integrato e sensibilizzare gli utenti sull’utilizzo responsabile dell’acqua erano gli obiettivi che ci univano. Questi obiettivi ci avrebbero visti uniti. Al di fuori di questo perimetro azienda e territorio si sarebbero affrontate lealmente.

Il “Tavolo dell’Acqua” era il luogo dove ci si confrontava. SAI8 mise a disposizione tutte le informazioni sullo stato dell’infrastruttura. Dislocazione dei pozzi di captazione, condotte, depuratori, perdite di rete, consumi energetici. Rispose a tutte le domande. La convocazione del primo “Tavolo dell’Acqua” fu preceduta da un incontro personale con ogni associazione, organizzazione sindacale e con il forum per l’acqua pubblica per spiegare la strategia del dialogo. Accettarono tutti. Anche l’ala più oltranzista del forum. Nasceva la fase della gestione partecipativa. Che fu credibile per l’operazione di manutenzione straordinaria nel depuratore di Calabernardo.