Pubblicato nel mese di Febbraio 2015 su “iN Magazine”
(Dopo le immagini puoi leggere la trascrizione dell’articolo)
Il tema dell’acqua rimane al centro del dibattito politico, economico e culturale nella provincia di Siracusa. L’associazione “Città in Comune” ha organizzato il convegno “Acqua Bene Comune”per capire quale sarà il destino del servizio idrico integrato a Siracusa e in provincia dopo il fallimento di SAI8 e alla controversa aggiudicazione della gestione del servizio per i comuni di Siracusa e Solarino dalla associazione temporanea di impresa costituita dalla spagnola Dam, Onda Energia e Ligeam (ritiratasi il 30 gennaio).
L’obiettivo del forum era di capire come sia possibile garantire ai cittadini un servizio efficiente e sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale e se, nel rispetto dell’esito del Referendum del 2011 con cui gli italiani a larghissima maggioranza hanno votato per “l’acqua bene comune”, sia possibile sottrarre alle logiche del profitto la gestione di una risorsa così preziosa per le generazioni future.
Ho avuto il piacere di essere invitato a partecipare al panel dei relatori per presentare una relazione sulla “gestione partecipativa” delle organizzazioni e, in particolare, sull’esperienza di gestione basata sul dialogo con gli Stakeholder di SAI8 che ho lanciato nel 2010 tra febbraio e ottobre. Quando Paolo Tuttoilmondo e José Sudano mi hanno chiamato ho accettato senza indugiare. Perché era la conferma che il “tavolo dell’acqua” era stata considerata un’esperienza virtuosa anche dalle parti sociali che hanno partecipato come controparti. Perché era la conferma che la gestione partecipativa è un modello che, se gestito correttamente, può creare valore condiviso. Perché c’era la possibilità di riannodare altri fili di quell’esperienza che Prospero Dente e io abbiamo sempre considerato solo sospesa. E che Prospero ha rilanciato un anno fa con l’esperienza editoriale straordinaria di “iN”.
Parlando di gestione partecipativa occorre fare una premessa. A prescindere dal modello di gestione, ci si aspetta che un’organizzazione funzioni efficacemente. Cioè che i beni prodotti o i servizi erogati siano in linea con le aspettative e le esigenze dei fruitori, e che crei valore per gli Stakeholder tutti. Nel caso del gestore di un bene comune ci si aspetta che risolva i problemi e faccia funzionare il servizio. In questo contesto la gestione partecipativa è una proposta efficace. Lo dimostra, per esempio, il caso della Democracia Corinthiana, in un ambito tanto sorprendente quanto inaspettato.
Socrates, Casagrande e Wladimir si impongono come leader nello spogliatoio del Corinthians, squadra di calcio brasiliana della città di San Paolo. È il 1982 quando il presidente in carica termina il mandato lasciando una squadra mediocre con una situazione finanziaria prossima alla bancarotta. I leader “convincono” la dirigenza delle opportunità di una gestione democratica. Allenamenti, squadra, acquisti e cessioni vengono da quel giorno decisi democraticamente attraverso un voto di maggioranza. I voti come e le opinioni di titolari, riserve e dirigenti hanno pari valore. Gli effetti? Il Corinthians vince il campionato Paulista nel 1982 e nel 1983. Ma, soprattutto, vince risanando il bilancio. La gestione partecipativa è quindi una risposta alla domanda di creazione di valore condiviso. E lo è a maggior ragione per le organizzazioni che gestiscono i beni comuni.
L’acqua. Diritto inalienabile di ogni uomo. Concordando con la premessa, l’acqua è un bene comune ed è un diritto inalienabile, occorre approfondire il concetto di bene comune. Un bene comune è di tutti: “mio tanto quanto tuo”. Il fatto che sia anche mio, mi qualifica come proprietario. O meglio, co-proprietario. E da proprietario dovrei curare e proteggere il bene per mantenere il suo valore. Così come accade per la casa, l’auto, la bicicletta, ciò non accadde per l’acqua. Che viene gestita dall’utente co-proprietario in modo tutt’altro che “protettivo”, sprecandola grossolanamente e ignorando le basilari regole di buon senso per un suo utilizzo oculato. Un problema culturale, di consapevolezza e di resistenza al cambiamento di abitudini radicate. L’acqua, per la grande maggioranza degli utenti co-proprietari è un diritto dato per scontato. È percepita come una commodity che diventa preziosa solo quando non esce dal rubinetto. Sempre disponibile. E quando non lo è, la “colpa” è del gestore, come se fosse l’unico proprietario. Un comportamento che di “comune” ha ben poco.
Il convegno ha offerto spunti interessanti dal punto di vista normativo in merito alla tutela del diritto all’acqua e all’assetto societario del gestore che possa garantire la gestione sostenibile del servizio idrico. Ma se devo fare una riflessione generale, tornando dopo cinque anni, il dibattito sembra ritornato al febbraio 2010, alla dicotomia tra gestione pubblica e gestione privata. Provo, dando voce anche alla posizione di “iN”, a rompere lo schema un’altra volta in un momento cruciale per il destino del servizio idrico integrato di Siracusa.
Aderendo alla base filosofica del bene comune e della acqua intesa come diritto inalienabile, attraverso un’importante azione di sensibilizzazione alla quale seguirà una richiesta di presa di responsabilità, l’utente è chiamato a prendersi carico del ruolo di co-proprietario .
L’obiettivo, da delineare e implementare opportunamente, è la costituzione di una società di gestione del servizio idrico ad azionariato popolare nella quale l’utente diventa proprietario della acqua e del servizio idrico. Il nuovo gestore si dovrà dotare di uno statuto condiviso che regoli con trasparenza e rigore: i limiti di concentrazione delle quote azionarie, il periodo di lock up e i limiti relativi ai soggetti ai quali cederle; le modalità di nomina del Cda che dovrebbe comprendere anche un rappresentante sindacale, un rappresentante dei fornitori, un rappresentante del Comune e un rappresentante dell’associazionismo ambientalista (il diritto di voto dei rappresentanti può essere regolato), e degli organi di controllo; le modalità di selezione e formazione del management; le modalità di gestione delle risorse economiche improntate all’ascolto dei problemi del territorio e alla identificazione delle priorità di azione sul territorio attraverso il voto democratico; l’identificazione di decisioni di natura straordinaria che dovranno essere eventualmente ratificate attraverso un referendum con quorum; una rendicontazione trasparente e tempestiva della gestione attraverso la pubblicazione annuale di un bilancio di sostenibilità o di un report integrato. Visione, missione e obiettivi strategici saranno elaborati partendo dal “basso” grazie alle opportune metodologie di Stakeholder engagement, con l’obiettivo di far sentire ogni Stakeholder parte integrante dell’impresa.
Le potenzialità dell’iniziativa? Solo a titolo esemplificativo e per cominciare a riflettere limitiamo il perimetro alle famiglie escludendo arbitrariamente le altre utenze. Una famiglia di tre persone spende mediamente € 241 all’anno per l’acqua. Se ogni famiglia della provincia sottoscrivesse un’azione del valore di € 100 il gestore raccoglierebbe circa € 16.000.000, circa €4.900.000 se la sottoscrizione fosse riservata alle famiglie del Comune di Siracusa, circa €5.200.000 se fosse riservata alle famiglie di Siracusa e Solarino. L’azionariato popolare supererebbe la dicotomia tra pubblico e privato e soprattutto lo spettro del profitto che, di fatto, tornerebbe allo stesso utente co-proprietario.
Giovanni Falcone diceva: “possiamo sempre fare qualcosa”.