Adesso, la parola a chi in questa legge è più coinvolto. Partendo da un libro, bellissimo e autoironico, che si intitola: Tutte le fortune (Piemme edizioni). Diciamocelo, però: il suo autore Riccardo Taverna, un po’ sfortunato lo è stato. A 23 anni sono cominciati i primi segni della CIDP, una rara malattia neurologica degenerativa che l’ha confinato in sedia a rotelle. Nel tempo si sono aggiunti anche il Parkinson e un infarto. Detto questo, oggi di anni ne ha 53 anni, si è sposato, è a capo di una società che opera nel campo della sostenibilità aziendale e ha gli occhi brillanti e attenti di chi dal Dna è stato rifornito di geni imbroglioni ma non della parola “arrendersi”.
Come commenta la nuova legge?
«Sono soddisfatto, di più, sono grato al Parlamento che mi ha dato la possibilità di fare una scelta che prima non avevo. Per dirimere qualsiasi questione etica, basta andarsi a rileggere l’articolo 3 della Costituzione: dice che lo Stato deve rimuovere ogni impedimento per fare sì che tutti abbiano pari dignità. Quindi anche il diritto di morire con dignità».
Sul biotestamento ci sono tante polemiche.
«Cui rispondo: ma se la Sla riduce un cittadino a un guscio vuoto col pensiero dentro e se lui decide il modo in cui finire la sua vita, tu cosa perdi? Cosa ti viene levato? Perché invece di fronteggiarsi a colpi di ideologie non si chiede a chi è ammalato in maniera devastante come vede le sue prospettive di vita e come intende affrontarle?».
E lei, come intende affrontarle?
«Un giorno ho trovato mia madre in lacrime, si sentiva responsabile per la mia malattia. Continuava a scusarsi. Le ho risposto che anche se avessi saputo in anticipo tutto quello che mi aspettava avrei scelto di nascere lo stesso, perché per me la vita resta sempre bellissima: anche adesso, qui, seduto su una carrozzina e con tutti i limiti che ho. Ma se la degenerazione continua, voglio poter contare sull’opzione di arrivare alla fine con dignità. Per capire davvero un uomo che vive una malattia terribile e come nascono le sue decisioni, bisognerebbe riuscire ad avvicinarsi alla sua anima e toccarla. Siccome è impossibile, l’unica cosa possibile è quella di rispettarlo».
Cosa augura alla nuova legge?
«Che venga davvero applicata. E che nessuno colpevolizzi i malati per le scelte che compiono».
Intervista di Paola Tiscornia, Intimità, 21 febbraio 2018