Si dice che il tema della Reputazione d’azienda si sia imposto a partire dagli anni ‘80 sulla spinta dell’autorevole rivista americana Fortune con la classifica “Most Admired Companies”. Da allora la Reputazione ha sostituito l’immagine corporate e si sono imposte pratiche come il “reputation management”.

Da quando si è cominciato in realtà a parlare di Reputazione? Plinio il Vecchio, Publilio Sirio, Benjamin Franklin, Abramo Lincoln, solo per citare alcuni personaggi autorevoli, di Reputazione avevano già parlato. Ho fatto alcune ricerche sui loro pensieri circa la Reputazione. Naturalmente non hanno mai fatto riferimento alla Reputazione d’azienda. Ma unendo le loro citazioni, con estrema semplicità e senza alcuna presunzione di competenza scientifica, ne è nato un curioso e semi-serio trattato su alcuni principi di reputation management. Forse, per paradosso, se Parmalat, Enron, Banca Popolare Italiana, per citare alcuni tra i casi più eclatanti degli anni recenti, avessero prestato maggiore attenzione al passato, certi eventi non si sarebbero verificati.

E proprio alcuni scandali, prima di proiettarci nel passato, sono il punto di partenza delle nostre citazioni. In pieno “periodo” Enron due autorevolissime voci hanno commentato a proposito di Reputazione: “Reputazione: l’azienda si accorge quanto vale solo quando questa è distrutta” (Financial Times – Marzo 2003) e “Le recenti violazioni sui mercati finanziari hanno sottolineato il fatto di quanto sia importante la reputazione in un’economia di mercato” (Alan Greenspan, 16 Aprile 2004). Questi interventi enfatizzano un aspetto fondamentale della Reputazione: è un importante leva di vantaggio competitivo e, come tale, ha un valore che, attraverso opportuni accorgimenti, può essere quantificato economicamente. Tra le righe si scorge un secondo elemento: la Reputazione non è percepita come una leva strategica finché non la si è persa.

Di che cosa si tratta in sostanza. “La personalità è come una pianta e la reputazione è la sua ombra. L’ombra è ciò che pensiamo sia; la pianta è la realtà”. (Abramo Lincoln). “Le due cose più preziose da questa parte della tomba sono la nostra reputazione e la nostra vita. Ma bisogna osservare che il più flebile sussurro ci può privare della prima, e l’arma più debole dell’altra” (Charles Caleb Colton, scrittore britannico, 1780 – 1832). La Reputazione appare come la proiezione dell’azienda che si forma nella mente della persona attraverso l’elaborazione di tutti i segnali, diretti e indiretti, positivi e negativi, classificati attraverso la propria scala di valori: è l’ombra della pianta. Ed è anche fragile, straordinariamente influenzabile. Per distruggerla ci vuole proprio poco.

Detto ciò che è la Reputazione, fin dai tempi di Benjamin Franklin (scienziato e politico americano, 1706-1790) si era consapevoli  che “Ci vogliono molte buone azioni per costruire una buona reputazione, e solo un’azione cattiva per perderla”. Franklin era cosciente di quanto fosse impegnativo costruire una buona Reputazione così come le aziende illuminate di oggi sono coscienti di dover investire ingenti risorse economiche e di tempo nel compiere concrete azioni positive che costruiscano la loro Reputazione nei confronti delle diverse categorie di interlocutori. In questi termini Franklin può essere considerato un precursore. Franklin era altrettanto consapevole della sua natura fragile! “Vetro, porcellana e reputazioni si rompono facilmente, e non si aggiustano mai bene”. Un invito implicito a gestire la Reputazione? Indubbiamente. Già Plinio il Vecchio (storico romano, 23–79) aveva avuto occasione di dire che “Generalmente è più vergognoso perdere una buona reputazione che non averla mai avuta”  anche perché “una volta rotta una reputazione può essere riparata, ma tutti manterranno lo sguardo sul punto in cui si è sbeccata” (Joseph Hall, poeta inglese 1574-1656).

Concludiamo con James Russell Lowell (poeta e saggista statunitense, 1819 – 1891) che nella sua citazione riassume la Reputazione definendola, sottolineando il carattere ed enfatizzando il ruolo, “La reputazione è solo una candela, dalla fiamma incerta e mossa, facile a spegnersi, ma è la luce che il mondo ricerca e nella quale trova i meriti” e Oscar Wilde che, attingendo fra i paradossi, disse: “Si può sopravvivere a tutto, oggi, tranne che alla morte, e farsi perdonare tutto, tranne che una buona reputazione”.